Interviste impossibili - II B -






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ANNO 1563: INCONTRO CON GIORGIO VASARI


Stiamo aspettando Giorgio Vasari in Piazza della Signoria.

Essa è la principale della città: infatti in piazza sono presenti Palazzo Vecchio, che è sede del potere centrale, e alcune importantissime sculture, tra cui il David di Michelangelo e la Fontana del Nettuno, ancora in costruzione.

Oltre a Palazzo Vecchio, ci sono il Tribunale della Mercanzia, Palazzo Uguccioni e la Loggia dei Lanzi, sotto alla quale troviamo il Leone, Patroclo e Menelao e il Perseo.

Proprio in questo momento, da via dei Calzaioli vediamo arrivare un uomo di circa cinquanta anni, di media statura, con barba lunga, leggermente stempiato e vestito con indumenti di colore nero tipici di questi anni. Ci raggiunge davanti a Palazzo Vecchio e si presenta. È Giorgio Vasari, famoso pittore, scultore e architetto di grandi opere fiorentine, grazie anche alla sua stretta conoscenza con la famiglia dei Medici, suoi committenti.

Iniziamo con un saluto:

Noi: Buongiorno, messere Vasari!

Giorgio Vasari: Buongiorno a voi!

In prossimità della piazza è presente un cantiere con molte persone al lavoro. Assai incuriositi da questo fatto, chiediamo a Giorgio Vasari:

Noi: Cosa stanno costruendo là?

Giorgio Vasari: È in costruzione il Palazzo degli Uffizi!!

Dopo questo primo colloquio, entriamo in Palazzo Vecchio.


BERNACCHIONI, GALVINI, RIGACCI, ROSSI


 
Giorgio Vasari: Eccoci arrivati a Palazzo Vecchio.

Noi: Ci può raccontare un po’ di storia su Palazzo Vecchio?

Giorgio Vasari: Certamente. In origine Palazzo Vecchio era chiamato Palazzo dei Priori o Palagio Novo, divenne nel XV secolo Palazzo della Signoria, dal nome dell'organismo principale della Repubblica fiorentina; nel 1540 divenne Palazzo Ducale, quando il duca Cosimo I de' Medici ne fece la sua residenza.

Noi: In che punto di Firenze possiamo ammirare Palazzo Vecchio?

Giorgio Vasari: Palazzo Vecchio si trova in piazza della Signoria ed è la sede del potere dei Medici.

Noi: Lei ha mai lavorato all’interno di palazzo Vecchio?

Giorgio Vasari: Si, ho fatto molti lavori all’interno, tra i quali ho modificato e sto affrescando il salone dei Cinquecento e ho allargato il palazzo verso est.

Noi: Ci potrebbe far visitare tutto Palazzo Vecchio dall’interno?

Giorgio Vasari: Sarà una cosa impossibile, perché visitarlo tutto ci vorrebbero dei giorni e noi tutto questo tempo non lo abbiamo. Vi farò visitare solo la stanza principale, cioè il salone dei Cinquecento e vi parlerò del mio ampliamento e delle decorazioni in corso.

Noi: Ok, cominciamo. Ci può parlare del salone dei Cinquecento?

Giorgio Vasari: Il salone dei Cinquecento è un ampio e prezioso salone. Questa sala imponente ha una lunghezza di 54 metri ed una larghezza di 23. Fu costruita nel 1494 da Simone del Pollaiolo, detto il Cronaca, su commissione di Savonarola che, rimpiazzando i Medici alla guida di Firenze, la volle come sede del Consiglio maggiore, appunto di 500 membri. In seguito io personalmente l’ho allargata così che Cosimo I potesse far corte in questo salone. Ho progettato la decorazione del soffitto con 39 pannelli che saranno costruiti e dipinti da me e dalla mia bottega, rappresentano "Importanti episodi della vita di Cosimo I", i quartieri della città e la città stessa, con al centro l'apoteosi rappresentante: "Scena di glorificazione come gran duca di Firenze e di Toscana".

Sulle pareti saranno realizzati grandi affreschi che descriveranno le battaglie ed i successi militari di Firenze su Pisa e Siena:

• La presa di Siena

• La conquista di Porto Ercole

• La vittoria di Cosimo I a Marciano in Val di Chiana

Nel soffitto del Salone saranno rappresentate:

• La sconfitta dei pisani alla torre di San Vincenzo

• Massimiliano d'Austria tenta la conquista di Livorno

• Pisa attaccata dalle truppe fiorentine

Noi: Dove passiamo trovare informazioni sulle altre stanze di Palazzo Vecchio?

Giorgio Vasari: Sto scrivendo un libro in cui descrivo tutte le stanze di Palazzo Vecchio, se mai lo pubblicherò ve lo farò sapere!

Noi: Eccoci arrivati alla nostra ultima tappa all’interno di Palazzo Vecchio. Come mai hai costruito questa parte, allargando il palazzo?

Giorgio Vasari: Questa stanza è stata voluta dal Duca Cosimo I de' Medici perché desiderava più spazio all’interno del suo palazzo.

Noi: Grazie del tempo che ci ha dedicato.

Giorgio Vasari: Grazie a voi del vostro interessamento.


AGOSTINELLI, REDDITI, BUCCI, PELAGI


Noi: Messere Vasari, lei non è nato come architetto, ma ha dato vita a molte opere architettoniche. Qual è stato il suo stimolo?

Giorgio Vasari: Le mie prime commissioni furono eseguite a Napoli nel 1554 per il mio mecenate di allora, don Giammateo d’Anversa, Generale de’ monaci di Monte Oliveto,


perch’io dipignessi il refettorio d’un loro monasterio fabricato dal re Alfonso Primo, quando giunsi fui per non accettare l’opera, essendo quel refettorio e quel monasterio fatto d’architettura antica e con le volte a quarti acuti, e basse e cieche di lumi, dubitando di non avere ad acquistarvi poco onore. Accettai finalmente l’impresa; là dove conoscendo non poter fare cosa buona, se non con gran copia d’ornamenti, gl’occhi abagliando di chi avea a vedere quell’opera con la varietà di molte figure, mi risolvei a fare tutte le volte di esso refettorio lavorate di stucchi per levar via, con ricchi partimenti di maniera moderna, tutta quella vecchiaia e goffez[z]a di sesti. Nel che mi furon di grande aiuto le volte e mura fatte, come si usa in quella città, di pietre di tufo, che si tagliono come fa il legname, o meglio cioè come i mattoni non cotti interamente, perciò che io vi ebbi commodità, tagliando, di fare sfondati di quadri, ovati et ottangoli, ringrossando con chiodi e rimettendo de’ medesimi tufi.
Devo comunque ammettere che, se non fosse stato per Michelangelo Bonarroti, non avrei coltivato il mio talento per l’architettura, in quanto mi aveva riferito che ero molto più capace come architetto che come pittore!

Noi: La sua opera architettonica di maggiore rilievo è la ristrutturazione del Salone dei Cinquecento all’interno del Palazzo Vecchio. Come si sono svolti i suoi lavori?
Io tornai a Fiorenza per servizio del duca Cosimo, che fu l’anno 1554. Dolse a Michelagnolo la partita del Vasari e parimente a Giorgio, avengaché ogni giorno que’ suoi aversarii, ora per una via or per un’altra, lo travagliavano; per il che non mancarono giornalmente l’uno a l’altro scriversi.
Desiderando il Vasari di metter mano alla sala grande, e perché era, come s’è detto altrove, il palco basso, che la faceva nana e cieca di lumi, et avendo desiderio di alzarla, non si voleva risolvere il duca Cosimo a dargli licenzia ch’ella si alzasse. Non che ‘l Duca temesse la spesa, come s’è visto poi, ma il pericolo di alzare i cavagli del tetto 13 braccia sopra; dove Sua Eccellenza, come giudiziosa, consentì che s’avessi il parere da Michelagnolo, visto in quel modello la sala come era prima, poi levato tutti que’ legni e postovi altri legni, con nuova invenzione del palco e delle facciate, come s’è fatto da poi, e disegnata in quella insieme l’invenzione delle istorie: che piaciutagli, ne diventò sùbito non giudice, ma parziale, vedendo anche il modo e la facilità dello alzare i cavagli e ‘l tetto, et il modo di condurre tutta l’opera in breve tempo. Dove egli scrisse nel ritorno del Vasari al Duca che seguitassi quella impresa, che l’era degna della grandezza sua.
Noi: Venendo a trovarla abbiamo notato un grosso cantiere nei dintorni del Palazzo Vecchio. Cosa avete in mente di costruirci?

Giorgio Vasari: Là è in via di costruzione la mia prima opera di progettazione: i nuovi uffici del potere fiorentino. Sono stati progettati e pensati interamente da me. Siccome i lavori sono già ad un buon punto, come potete notare, potete intuire che si tratta di un lungo corridoio che procede da Piazza della Signoria verso l’ Arno.

Noi: Notiamo però che gli uffici sono ben distanti dalla dimora del Duca: ogni giorno per questo deve mischiarsi con il popolo per raggiungere il posto di lavoro?

Giorgio Vasari: No, perché si è pensato anche a questo. Era necessario


oltre all’altre cagioni, per appiccarvi, come si è fatto, il gran corridore che, attraversando il fiume, va dal Palazzo ducale al palazzo e giardino de’ Pitti: il quale corridore cercherò di concludere in cinque mesi con mio ordine e disegno, ancorché sia opera da pensare che non potesse condursi in meno di cinque anni.

CORTESI, INNOCENTI, MACCARIELLO, DEGL'INNOCENTI



Un incontro con Michelangelo Buonarroti

Onde Michelagnolo, ragionando col Vasari, una volta per ischerzo disse: - Giorgio, s’i’ ho nulla di buono nell’ingegno, egli è venuto dal nascere nella sottilità dell’aria del vostro paese d’Arezzo; così come anche tirai dal latte della mia balia gli scarpegli e ‘l mazzuolo con che io fo le figure.
Un giorno, mentre percorrevo senza una meta precisa le strade del centro fiorentino, improvvisamente il mio sguardo cadde su un personaggio alquanto particolare, soprattutto per il suo abbigliamento.

Fu di statura mediocre, nelle spalle largo, ma ben proporzionato con tutto il resto del corpo. Alle gambe portò invecchiando di continuo stivali di pelle di cane sopra lo ignudo i mesi interi, che, quando gli voleva cavare, poi nel tirargli ne veniva spesso la pelle. (…) La faccia era ritonda, la fronte quadrata e spaziosa con sette linee diritte, e le tempie sportavano in fuori più delle orecchie assai; le quali orecchie erano più presto alquanto grandi e fuor delle guance. Il corpo era a proporzione della faccia e più tosto grande; il naso alquanto stiacciato. (…) Gli occhi più tosto piccoli che no, di colore corneo, macchiati di scintille giallette azzurri cine; le ciglia con pochi peli, le labra sottili, e quel di sotto più grossetto et alquanto infuori; il mento ben composto alla proporzione del resto; la barba e’ capelli neri, sparsa con molti peli canuti, lunga non molto e biforcata, e non molto folta.

Mi avvicinai incuriosito, chiedendogli informazioni che esaudissero la mia curiosità:

- Scusi, non mi aspettavo di incontrarla fra la gente comune... Sono lusingato, perdoni il mio comportamento irriverente!

- Non si preoccupi, straniero. Il mio aspetto è molto cambiato ultimamente; la vecchiaia si fa sentire.

- Senta, scusi la mia ignoranza: ha creato altre sculture oltre al David?

- Avendo, come certamente saprà, girato tutta l’Italia, ho avuto l’onore di creare un numero considerevole di opere d’arte; e non solo sculture… Ho lavorato al San Petronio a Bologna, ho dipinto la Cappella Sistina a Roma e ti consiglierei di vedere la Pietà, il mio primo capolavoro fatto in marmo di Carrara.

- Certo, sarò felicissimo di seguire un percorso artistico così affascinante! E inizierò proprio da quel suo primo capolavoro. Scusi il disturbo e arrivederla.


BRUNELLI, VITONE, PINO, BENVENUTI 


Conosciamo Pontorno attraverso Agnolo Bronzino


Mi trovo all’interno della chiesa di Santa Felicita nel 1563.
Qui, davanti alla Deposizione del Pontormo, incontro Agnolo Bronzino: sta osservando attentamente questo famoso dipinto.
Non voglio subito disturbarlo ma, poco dopo, gli chiedo:

- Buongiorno, messere Bronzino! Le chiederei se mi potesse parlare della vita e delle opere di Pontormo, visto che ha lavorato come apprendista nella sua bottega.
Gl’antichi overo maggiori di Bartolomeo di Iacopo di Martino, padre di Iacopo da Puntormo, del quale al presente scriviamo la Vita, ebbono, secondo che alcuni affermano, origine dall’Ancisa, castello del Valdarno di sopra, assai famoso per avere di lì tratta similmente la prima origine gl’antichi di messer Francesco Petrarca. condottosi finalmente a Empoli a fare alcuni lavori, e quivi e ne’ luoghi vicini dimorando, prese moglie in Puntormo una molto virtuosa e da ben fanciulla, chiamata Alessandra, figliuola di Pasquale di Zanobi e di mona Brigida sua donna. Di questo Bartolomeo adunque nacque l’anno 1493 Iacopo. Ma essendogli morto il padre l’anno 1499, la madre l’anno 1504, e l’avolo l’anno 1506, et egli rimaso al governo di mona Brigida sua avola, la quale lo tenne parecchi anni in Puntormo e gli fece insegnare leggere e scrivere et i primi principii della grammatica latina, fu finalmente dalla medesima condotto di tredici anni in Firenze Ma per tornare a Iacopo, non era anco stato molti mesi in Fiorenza, quando fu messo da Bernardo Vettori a stare con Lionardo da Vinci, e poco dopo con Mariotto Albertinelli, con Piero di Cosimo, e finalmente, l’anno 1512, con Andrea del Sarto.

- Qual è stata la prima opera che realizzò Iacopo?


La prima opera dunque che facesse Iacopo in detto tempo, fu una Nunziata piccoletta per un suo amico sarto; Onde venendo di que’ giorni a Firenze Raffaello da Urbino, vide l’opera et il giovinetto che l’avea fatta, con infinita maraviglia, profetando di Iacopo quello che poi si è veduto riuscire. Iacopo, il quale era giovane malinconico e soletario, rimaso senza maestro, andò da per sé a stare con Andrea del Sarto, egli si ritirò affatto, e cominciò a fare sottilissime spese, perché era poverino, e studiare con grandissima assiduità. e trasportato dal disio d’acquistare nome, dalla voglia del fare e dalla natura che l’avea dotato d’una grazia e fertilità d’ingegno grandissimo, condusse quel lavoro con prestezza incredibile a tanta perfezzione, quanta più non arebbe potuto fare un ben vecchio e pratico maestro eccellente.

- Cosa rappresenta e che significato assume questa Deposizione?


Quest’opera fu tale, come si vede, e di tanta bellezza, sì per la maniera nuova e sì per la dolcezza delle teste che sono in quelle due femine, e per la bellezza de’ putti vivi e graziosi, ch’ella fu la più bell’opera in fresco che insino allora fusse stata veduta già mai; perché oltre ai putti della Carità, ve ne sono due altri in aria, i quali tengono all’arme del Papa un panno, tanto begli che non si può far meglio; sanzaché tutte le figure hanno rilievo grandissimo, e son fatte per colorito e per ogni altra cosa tali, che non si possono lodare a bastanza; e Michelagnolo Buonarruoti veggendo un giorno quest’opera e considerando che l’avea fatta un giovane d’anni 19, disse: “Questo giovane sarà anco tale, per quanto si vede, che, se vive e seguita, porrà quest’arte in cielo”.
FERRINI, KHOMENKO, SWIST, PACITTI












3 commenti:

Prof. Valerio Vagnoli ha detto...

gran lavoro e bravi davvero, anche perché non sempre si è così bravi da capire quando si hanno a disposizione dei bravi insegnanti!

Unknown ha detto...

Complimenti ragazzi! davvero un ottimo lavoro..siete ancora in gamba come ho avuto modo di sperimentare. Continuate così.
Prof. Simona Granchi

Ernesto Solari ha detto...

Spett.le Redazione
Il sottoscritto prof. Ernesto Solari (da vari anni studioso e ricercatore dell’opera Vinciana) dopo aver esaminato il dipinto di Palazzo Vecchio ed in particolare la scritta, oggi quanto mai discussa, “CERCA TROVA”, intende si confermare l’ipotesi del Prof. Seracini secondo cui Vasari nascose la Battaglia di Anghiari di Leonardo sotto la superficie pittorica di una delle sue battaglie ma dimostrare come sia possibile dare una diversa collocazione al dipinto di Leonardo rispetto a quella ipotizzata dall’Ing. Seracini grazie al ritrovamento da parte sua di una chiave di lettura che applicata ad alcuni scritti dello stesso Vasari consentiranno di ritrovare il punto esatto dove sarebbe collocata la parte del dipinto leonardesco celata dallo stesso Vasari.
Grazie a questi nuovi indizi e citazioni che lo stesso Vasari ci ha comunicato sarebbe oggi possibile ritrovare con minor spreco di tempo e danaro i resti del grande fallimento pittorico di Leonardo….sempre che ne valga la pena.
Solari ha infatti trovato, attraverso la decifrazione del messaggio Vasariano una conferma della presenza della parte centrale della battaglia di Anghiari, meglio conosciuta come “Lotta per lo stendardo, così come ci è pervenuta attraverso un disegno ed un dipinto di P.P.Rubens, non sotto il dipinto della battaglia di Scannagallo di Vasari ma sotto quello che raffigura l’assalto alla città di Pisa da parte dei fiorentini. Questa ipotesi trova poi conferma nella stessa descrizione della vita di Leonardo scritta dallo stesso Vasari. La scritta che Vasari pose in una piccolissima bandiera nell’affresco della battaglia di Scannagallo darebbe l’indicazione precisa della parete e del punto esatto dove si trova ancora nascosto il famosissimo dipinto di Leonardo realizzato con poco successo.
“CERCA TROVA” CERCA…………….TROVA…………………
L’ESAME DELLA SCRITTA HA PORTATO SOLARI AD ANAGRAMMARLA SECONDO CERTE TECNICHE LETTERALI A CUI LO STESSO LEONARDO SPESSO ERA DEDITO PERVENENDO COSI’ AD IPOTIZZARE QUESTA SOLUZIONE:
TRA ARCO E CV
ARCO TRE CAV
CERCA…ARCO TROVA…TRE CAV(alli)
CHE E’ APPARSA PLAUSIBILE ALMENO A LIVELLO INTUITIVO FINO A DIVENTARE ASSOLUTAMENTE CONVINCENTE DOPO AVER RILETTO LA VITA DI LEONARDO SCRITTA DALLO STESSO VASARI ED AVER EFFETTUATO DELLE SOVRAPPOSIZIONI FRA IL DIPINTO DI VASARI E LO STUDIO DEI TRE CAVALLI DELLA BATTAGLIA DI ANGHIARI REALIZZATO DA RUBENS.
La collocazione della battaglia di Anghiari sotto l’arco formato dal fiume Arno trova infatti nel dipinto del Vasari alcuni riferimenti cromatici che attesterebbero la stessa presenza del dipinto leonardesco, ma soprattutto nello libro del Vasari sulle vite dei grandi artisti, quando egli parla della vita di Leonardo, troviamo scritto letteralmente:”fu il primo ancora che, giovanetto, discorresse sopra il fiume d’Arno per metterlo in canale da Pisa a Fiorenza”. Si tratta secondo Solari di veri e propri indizi che ci portano ad individuare nel dipinto dell’assalto alla città di Pisa da parte dei fiorentini che si svolge in prossimità dell’Arno, la vera collocazione della Battaglia di Anghiari.
Como, 10.01.2011 Prof. Ernesto Solari
(studioso leonardesco)