Biografia - II C -




Giorgio Vasari nacque ad Arezzo il 30 luglio 1511, da Antonio Vasari e Maddalena Tacci.
Sin da bambino dimostrò la sua abilità nel disegno: quando il piccolo Vasari aveva 8 anni nella sua casa fu ospitato il pittore Luca Signorelli, il quale accorgendosi del talento del bimbo disse a suo padre di fargli studiare l’arte del disegno. Fu mandato nella bottega di un pittore francese che lavorava ad Arezzo.

«Luca, così vecchio come era, volle venire a metterla su et in parte a rivedere gl’amici e parenti suoi. E perché alloggiò in casa de’ Vasari, dove io era piccolo fanciullo d’otto anni, mi ricorda che quel buon vecchio, il quale era tutto grazioso e pulito, avendo inteso dal maestro che m’insegnava le prime lettere che io non attendeva ad altro in iscuola che a far figure, mi ricorda, dico, che voltosi ad Antonio mio padre gli disse: “Antonio, poi che Giorgino non traligna, fa’ ch’egli impari a disegnare in ogni modo, perché quando anco attendesse alle lettere, non gli può essere il disegno, sì come è a tutti i galantuomini, se non d’utile, d’onore e di giovamento”. Poi rivolto a me che gli stava diritto inanzi, disse: “Impara, parentino”»
Nel 1523 passò da Arezzo il cardinale Silvio Passerini: Vasari, che oltre al disegno studiava anche le lettere, recitò a memoria davanti all’ospite un intero canto dell’Eneide. L’anno dopo lo stesso cardinale lo accompagnò a Firenze, dove ebbe modo di studiare il disegno con grandi artisti come Andrea del Sarto e Michelangelo.

«Condotto poi, l’anno 1524, a Fiorenza da Silvio Passerini cardinale di Cortona, attesi qualche poco al disegno sotto Michelagnolo, Andrea del Sarto et altri.»
«L’anno 1523 passando per Arezzo Silvio Passerini cardinale di Cortona, come legato di papa Clemente Settimo, Antonio Vasari suo parente menò Giorgio suo figliuol maggiore a fare reverenza al cardinale; il quale veggendo quel putto, che allora non aveva più di nove anni, per la diligenza di messer Antonio da Saccone e di messer Giovanni Polastra eccellente poeta aretino, essere nelle prime lettere di maniera introdotto, che sapeva a mente una gran parte dell’Eneide di Vergilio, che gliela volle sentire recitare, e che da Guglielmo da Marzilla pittor franzese aveva imparato a disegnare, ordinò che Antonio stesso gli conducesse quel putto a Fiorenza. »
Nel 1527 i Medici vennero cacciati da Firenze, così il giovane Giorgio, saputo anche della morte del padre, decise di tornare ad Arezzo, dove rimase qualche anno senza mai smettere di applicarsi nell’esercizio dell’arte, pur essendo rimasto senza un maestro.

«Ma essendo, l’anno 1527, stati cacciati i Medici di Firenze, […] mi fece tornare in Arezzo don Antonio mio zio paterno, essendo di poco avanti morto mio padre di peste; il quale don Antonio, tenendomi lontano dalla città perché io non appestassi, fu cagione che, per fuggire l’ozio, mi andai esercitando pel contado d’Arezzo, vicino ai nostri luoghi, in dipignere alcune cose a fresco ai contadini del paese, ancorché io non avessi quasi ancor mai tocco colori: nel che fare m’avviddi che il provarsi e fare da sé aiuta, insegna e fa che altri fa bonissima pratica.»
Alessandro, Lorenzo, Riccardo, Francesco e Alessio


Nel 1531, quando Vasari aveva vent’anni, incontrò il cardinale Ippolito De’ Medici, che lo prese a suo servizio e lo condusse a Roma dove si ritrovò ancora con Salviati, suo amico fin dalla giovane età. Durante il suo soggiorno ebbe modo di ammirare l’arte antica e le opere degli artisti Raffaello e Michelangelo. Ogni giorno andava in giro per la città con Salviati, anch’esso avviato come artista, a copiare sul loro album le opere che vedevano, sapendo che con questo metodo avrebbero approfondito la loro conoscenza sul disegno. Si divertivano a scambiarsi i disegni e a copiarli nelle ore buie, lasciando qualsiasi divertimento, ma apprendendo sempre di più.

«Non mi fu anco se non assai pungente stimolo il disiderio della gloria et il vedere volti esser riusciti rarissimi e venuti a gradi et onori. Onde diceva fra me stesso alcuna volta: ‘perché non è in mio potere con assidua fatica e studio procacciarmi delle grandezze e gradi che s’hanno acquistato tanti altri? Furono pure anch’essi di carne e d’ossa come son io’. Cacciato dunque da tanti e si fieri stimoli e dal bisogno che io vedeva avere di me la mia famiglia, mi disposi a non volere perdonare a niuna fatica, disagio, vigilia e stento per conseguire questo fine. E così propostomi nell’animo, non rimase cosa notabile allora in Roma, né poi in Fiorenza et altri luoghi ove dimorai, la quale io in mia gioventù non disegnassi.»

Si ammalò nel 1532, quindi ritornò ad Arezzo e in seguito a Firenze, dove era caduta la seconda repubblica ed il nuovo signore di Firenze era Alessandro De’ Medici. Lì Vasari fece molte opere tra cui i ritratti di Lorenzo il Magnifico e del duca Alessandro. Proprio mentre si stava guadagnando la protezione del duca egli fu assassinato.

«Ora, mentre andavo procacciandomi sotto la protezione del duca Alessandro onore, nome e facultà fu il povero signore crudelmente ucciso, et a me levata ogni speranza di quello che io mi andava mediante il suo favore, promettendo dalla fortuna.»

Lasciata la corte dei Medici ebbe le prime commissioni per il monastero di Camaldoli, dove restò per tre anni, fino al 1540, facendo affreschi e tele. Iniziò poi un periodo di viaggi e di lavori presso le città di Bologna, Napoli, Venezia e Roma: In questa città nel 1546 fece la decorazione del grande salone del Palazzo della Cancelleria con scene che celebrano la vita di Paolo III, commissionatagli dal nipote del papa, il cardinale Alessandro Farnese. Pressato dal cardinale, che desiderava che l’opera fosse conclusa nel più breve tempo possibile, Vasari radunò un gruppo di assistenti e riuscì a terminare il lavoro in cento giorni, motivo per il quale il salone è conosciuto anche come Sala dei Cento Giorni. Si narra che Michelangelo, sapendo in quanto poco tempo il lavoro fosse stato terminato, nel vederlo commentò: “E si vede”.
Nel frattempo risiedeva a volte a Firenze per vari lavori, ospite di Ottaviano De’ Medici cui era legato da grandissima amicizia. Vasari però era riconosciuto per la velocità con cui riusciva a portare a termine un lavoro, non in modo superficiale ma molto ben elaborato e specifico. In quel periodo vasari e Michelangelo lavorando entrambi per il papa erano a stretto contatto. Una mattina Vasari aveva il giorno libero e andò insieme al pittore a fare il giro delle sette chiese a cavallo, dato che era anche l’Anno Santo, in modo da ricevere il perdono dei proprio peccati. Tra una chiesa e l’altra ebbero degli utili ragionamenti sull’arte.

Leonardo, Valentina, Tommaso, Mario e Marco

La sera, a conclusione di una giornata di lavoro, andava spesso a cena dal cardinale Alessandro Farnese insieme ad altri amici, anche loro uomini di gran cultura, fra cui Paolo Giovio. Proprio parlando con questi due personaggi venne fuori l’idea di scrivere le vite degli artisti!

«In questo tempo andando io spesso la sera, finita la giornata, a veder cenare il detto illustrissimo cardinal Farnese, dove erano sempre a trattenerlo con bellissimi et onorati ragionamenti molti letterati e galantuomini, de’ quali è sempre piena la corte di quel signore, si venne a ragionare, una sera fra l’altre, di un trattato, nel quale si ragionasse degl’uomini illustri nell’arte del disegno, stati da Cimabue insino a’ tempi nostri […] Finito che ebbe il Giovio quel suo discorso, voltatosi a me, disse il cardinale: “Che ne dite voi, Giorgio, non sarà questa una bell’opera e fatica? Bella, - rispos’io - monsignor illustrissimo, se il Giovio sarà aiutato da chi che sia dell’arte a mettere le cose a’ luoghi loro et a dirle come stanno veramente. Parlo così, perciò che, se bene è stato questo suo discorso maraviglioso, ha scambiato e detto molte cose una per un’altra. […] Giovio […] mi disse: “Giorgio mio, voglio che prendiate voi questa fatica di distendere il tutto in quel modo che ottimamente veggio saprete fare, perciò che a me non dà il cuore, non conoscendo le maniere degli artisti, né sapendo molti particolari che potrete sapere voi.”
Nel 1550 venne pubblicata la prima edizione delle “Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori”: il libro divenne così famoso che Vasari non smise di lavorarci e nel 1568 lo pubblicò nuovamente con molti aggiornamenti e con i ritratti degli artisti all’inizio di ciascuna biografia.

Angelo, Marco, Ciro, Marco, Pietro


Dopo la prima pubblicazione delle “Vite” nel 1550, che presentava una dedica a Cosimo de’ Medici (salito al potere nel 1537 a soli 17 anni), la fama di Vasari crebbe e nel 1555 il duca lo chiamò a Firenze assumendolo a tempo pieno per la completa restaurazione e l’abbellimento di Palazzo Vecchio. I lavori andarono avanti dal 1555 al 1572 circa, compresi la progettazione e la decorazione dell’enorme Sala dei Cinquecento.
Prima di ricostruire questa grande sala, Vasari e Cosimo chiesero il parere del maestro Michelangelo:


«Queste cose causorono che, desiderando il Vasari di metter mano alla sala grande, e perché era, come s’è detto altrove, il palco basso, che la faceva nana e cieca di lumi, et avendo desiderio di alzarla, non si voleva risolvere il duca Cosimo a dargli licenzia ch’ella si alzasse. Non che ‘l Duca temesse la spesa, come s’è visto poi, ma il pericolo di alzare i cavagli del tetto 13 braccia sopra; dove Sua Eccellenza, come giudiziosa, consentì che s’avessi il parere da Michelagnolo, visto in quel modello la sala come era prima, poi levato tutti que’ legni e postovi altri legni, con nuova invenzione del palco e delle facciate, come s’è fatto da poi, e disegnata in quella insieme l’invenzione delle istorie: che piaciutagli, ne diventò sùbito non giudice, ma parziale, vedendo anche il modo e la facilità dello alzare i cavagli e ‘l tetto, et il modo di condurre tutta l’opera in breve tempo. Dove egli scrisse nel ritorno del Vasari al Duca che seguitassi quella impresa, che l’era degna della grandezza sua.»
Le stanze dedicate ai Medici invece furono abbellite e restaurate dal 1558 al 1560, anno in cui fu avviato il cantiere degli Uffizi, strutturalmente collegato al Palazzo.


«Per dunque accordare tutto il Palazzo insieme, cioè il fatto con quello che s’aveva da fare, mi ordinò che io facessi più piante e disegni, e finalmente, secondo che alcune gl’erano piaciute, un modello di legname, per meglio potere a suo senno andare accomodando tutti gl’appartamenti, e dirizzare e mutar le scale vecchie che gli parevano erte, mal considerate e cattive. Alla qual cosa, ancorché impresa difficile e sopra le forze mi paresse, misi mano, e condussi, come seppi il meglio, un grandissimo modello, che è oggi appresso Sua Ecc[ellenza], più per ubbidirla che con speranza m’avesse da riuscire.»

Tutte le storie delle sale di Palazzo Vecchio Vasari le descrive nei “Ragionamenti”, pubblicati dopo la sua morte dal nipote nel 1588.


«Delle quali aveva scritto il Vasari un Dialogo, ove si dichiarava tutte le istorie et il fine di tutta l’invenzione, e come le favole di sopra s’accomodassino alle istorie di sotto, le quali gli fur lette da Anibal Caro, che n’ebbe grandissimo piacere Michelagnolo. Questo Dialogo, come arà più tempo il Vasari, si manderà fuori.»
Emanuele, Lorenzo, Albert, Kevin, Daniele

Vasari fece a Firenze un lavoro lungo e complesso, durante il quale diede prova delle sue grandi capacità non solo di pittore ma anche di architetto, in grado di ristrutturare l’antico edificio facendo molta attenzione all’assetto urbanistico esistente, e aggiungendovi, a partire dal 1560, la costruzione degli Uffizi.
Per la costruzione degli Uffizi Cosimo de Medici scelse un quartiere popolare, che si estendeva a sud di Piazza Signoria e si affacciava sul fiume Arno, perciò fu necessario abbattere tutte le case del quartiere.
Il palazzo ha una pianta rettangolare ed è costituito da molte stanze .
Gli uffizi avevano lo scopo di accogliere la sede burocratica delle varie magistrature.
Tutti i palazzi medicei furono poi collegati attraverso il Corridoio Vasariano, che partendo da Palazzo Vecchio, attraversa gli Uffizi, passa sopra Ponte Vecchio, entra nella chiesa di Santa Felicita ed arriva a Palazzo Pitti. In questo modo il duca poteva andare da una parte all’altra senza uscire!


“Il gran corridore , attraversando il fiume, va da palazzo ducale al palazzo e giardino de’Pitti: il quale corridore fu condotto in cinque mesi con mio ordine e disegno, ancorché sia opera da pensare che non potesse condursi in meno di cinque anni.”

Angelo, Marco, Ciro, Marco, Pietro


Nel 1574 si chiude l’epoca della Rinascita di Firenze, con la morte di Cosimo e quella successiva, nel 27 giugno, di Giorgio Vasari, che nella sua autobiografia ci porge un saluto.


«Avendo fatto quello che ho saputo, accettatelo volentieri, e da me non vogliate quel ch’io non so e non posso, appagandovi del buono animo mio, che è e sarà sempre di giovare e piacere altrui».


Emanuele, Lorenzo, Albert, Kevin, Daniele

2 commenti:

Prof. Valerio Vagnoli ha detto...

gran lavoro e bravi davvero, anche perché non sempre si è così bravi da capire quando si hanno a disposizione dei bravi insegnanti!

Ernesto Solari ha detto...

Spett.le Redazione
Il sottoscritto prof. Ernesto Solari (da vari anni studioso e ricercatore dell’opera Vinciana) dopo aver esaminato il dipinto di Palazzo Vecchio ed in particolare la scritta, oggi quanto mai discussa, “CERCA TROVA”, intende si confermare l’ipotesi del Prof. Seracini secondo cui Vasari nascose la Battaglia di Anghiari di Leonardo sotto la superficie pittorica di una delle sue battaglie ma dimostrare come sia possibile dare una diversa collocazione al dipinto di Leonardo rispetto a quella ipotizzata dall’Ing. Seracini grazie al ritrovamento da parte sua di una chiave di lettura che applicata ad alcuni scritti dello stesso Vasari consentiranno di ritrovare il punto esatto dove sarebbe collocata la parte del dipinto leonardesco celata dallo stesso Vasari.
Grazie a questi nuovi indizi e citazioni che lo stesso Vasari ci ha comunicato sarebbe oggi possibile ritrovare con minor spreco di tempo e danaro i resti del grande fallimento pittorico di Leonardo….sempre che ne valga la pena.
Solari ha infatti trovato, attraverso la decifrazione del messaggio Vasariano una conferma della presenza della parte centrale della battaglia di Anghiari, meglio conosciuta come “Lotta per lo stendardo, così come ci è pervenuta attraverso un disegno ed un dipinto di P.P.Rubens, non sotto il dipinto della battaglia di Scannagallo di Vasari ma sotto quello che raffigura l’assalto alla città di Pisa da parte dei fiorentini. Questa ipotesi trova poi conferma nella stessa descrizione della vita di Leonardo scritta dallo stesso Vasari. La scritta che Vasari pose in una piccolissima bandiera nell’affresco della battaglia di Scannagallo darebbe l’indicazione precisa della parete e del punto esatto dove si trova ancora nascosto il famosissimo dipinto di Leonardo realizzato con poco successo.
“CERCA TROVA” CERCA…………….TROVA…………………
L’ESAME DELLA SCRITTA HA PORTATO SOLARI AD ANAGRAMMARLA SECONDO CERTE TECNICHE LETTERALI A CUI LO STESSO LEONARDO SPESSO ERA DEDITO PERVENENDO COSI’ AD IPOTIZZARE QUESTA SOLUZIONE:
TRA ARCO E CV
ARCO TRE CAV
CERCA…ARCO TROVA…TRE CAV(alli)
CHE E’ APPARSA PLAUSIBILE ALMENO A LIVELLO INTUITIVO FINO A DIVENTARE ASSOLUTAMENTE CONVINCENTE DOPO AVER RILETTO LA VITA DI LEONARDO SCRITTA DALLO STESSO VASARI ED AVER EFFETTUATO DELLE SOVRAPPOSIZIONI FRA IL DIPINTO DI VASARI E LO STUDIO DEI TRE CAVALLI DELLA BATTAGLIA DI ANGHIARI REALIZZATO DA RUBENS.
La collocazione della battaglia di Anghiari sotto l’arco formato dal fiume Arno trova infatti nel dipinto del Vasari alcuni riferimenti cromatici che attesterebbero la stessa presenza del dipinto leonardesco, ma soprattutto nello libro del Vasari sulle vite dei grandi artisti, quando egli parla della vita di Leonardo, troviamo scritto letteralmente:”fu il primo ancora che, giovanetto, discorresse sopra il fiume d’Arno per metterlo in canale da Pisa a Fiorenza”. Si tratta secondo Solari di veri e propri indizi che ci portano ad individuare nel dipinto dell’assalto alla città di Pisa da parte dei fiorentini che si svolge in prossimità dell’Arno, la vera collocazione della Battaglia di Anghiari.
Como, 10.01.2011 Prof. Ernesto Solari
(studioso leonardesco)